Carnevale a Mezzojuso (PA) con il Mastro di Campo, rappresentato da almeno due secoli. Ogni anno l'ultima domenica di carnevale il paese si trasforma in uno scenario teatrale, per dare vita ad una pantomima popolare che rappresenta la rivalità tra il Mastro di Campo e il Re nella conquista del cuore della Regina.
Una rievocazione storica in maschera
Centinaia di personaggi in abiti quattrocenteschi si schierano per l'uno o per l'altro contendente in un'atmosfera surreale che rievoca antiche tradizioni rurali siciliane. Tra colpi di cannone, lanci di dolciumi e l'intervento addirittura dei garibaldini. La manifestazione rappresenta ancora oggi una coloratissima pagina di folclore unica nel suo genere su tutto il territorio nazionale. Una maschera rossa con un enorme naso: così si presenta il Mastro di Campo, il cattivo di molte rappresentazioni storico-carnevalesche del Palermitano; a Mezzojuso, invece, il Mastro di Campo è la rievocazione dell'assalto che il Conte di Modica fece al Castello per conquistare la regina Bianca di Navarra.
Quando tutto è pronto per l’inizio, arriva il corteo reale composto dal Re, dalla Regina, dai dignitari, dalle dame, dal Segretario, dall’Artificiere, da alcune guardie e dai Mori. Il Mastru ri Casa anima il corteo. Eseguiti dei giri attorno alla piazza, il gruppo sale su un palco che funge da castello e dà inizio a una festa danzante.
Intanto appaiono le maschere legate alla tradizione: u Rimitu, i Maghi e le Giardiniere con le scalette. Mentre si danza, arrivano in piazza gli Ingegneri del Mastro di Campo, armati di cannocchiale, di strumenti di agrimensura e di un enorme compasso. Misurano la distanza del castello da un punto ipotetico della piazza in cui il Mastro di Campo potrà piazzare l’artiglieria.
Ed ecco arrivare il Mastro di Campo a cavallo. L’eroe indossa una maschera di cera rossa con il naso adunco e il labbro inferiore prominente, una camicia bianca piena di nastri colorati, pantaloni e mantello rosso. Seguendo il ritmo marziale di un grosso tamburo, egli si dimena, si agita, con la testa ben alta, il braccio sinistro al fianco e nel destro una leggera e piccola spada di legno.
Del corteo fanno parte il Tammurinaru, l’Ambasciatore, Garibaldi con i Garibaldini, il Capitano d’Artiglieria, il Barone e la Baronessa su due asini, seguiti dai loro uomini: Camperi, Suprastanti, Vurdunaru, Curatulu, Sfacinnatu, sopra cavalle e muli carichi di legna, bauli, armamentari vari per la produzione del formaggio, quindi le Giardiniere, con le corone di alloro, infine la Cavalleria, formata da una decina di cavalieri.
Il Mastro di Campo fa il giro della piazza, quindi si ferma di fronte al castello, scende da cavallo, si consulta con gli Ingegneri e invia con l’Ambasciatore una lettera di sfida al Re. Lette le intenzioni del generale, il Re risponde sprezzantemente. Alla risposta del Re, il Mastro di Campo, in preda ad una fortissima agitazione, afferra la spada, fa un salto dentro al cerchio precedentemente disegnato per terra dagli Ingegneri e inizia una danza guerresca ritmata dal tamburo.
Danza per tutta la piazza, anche in mezzo alla gente. Il Re, sul castello, passeggia nervosamente. La Corte continua però a ballare. La Regina è in trepidazione. Il Mastro di Campo ha davanti a sé due Giardiniere che ballano agitando delle corone di alloro. Anche un Pecoraio danza davanti al Mastro di Campo e sembra sbarrargli la strada. Ogni tanto ha come un raptus: tutto tremante cade a terra disteso, con le braccia aperte. Il Mastro di Campo si spaventa, si avvicina, lo tocca con la punta della spada e immediatamente indietreggia, infine va per infilzarlo, lo scavalca e riprende più speditamente la sua danza.
Gli Ingegneri seguono il generale, gli danno consigli e a volte gli porgono un cannocchiale con cui il Mastro di Campo ammira la Regina. Il Capitano d’Artiglieria comanda all’Artificiere di far fuoco con il cannoncino contro il castello, da cui provengono altre cannonate. Per tutta la piazza è una baraonda di suoni, spari, rumori. A ciò si aggiungono le cariche dei Garibaldini che si lanciano contro i Mori posti a guardia del castello. La Cavalleria scorrazza per la piazza lanciando manciate di confetti tra la folla, la quale spesso risponde allo stesso modo.
Il Foforio sequestra i più abbienti e li rilascia dietro il pagamento di un riscatto consistente in dolci o liquori. Altre Giardiniere passeggiano tra la folla e per mezzo di scalette offrono dei fiori alle ragazze e alle signore. I Maghi, con i loro vestiti neri, le barbe lunghe e sporche, i libracci vecchi ed enormi e la bacchetta magica, ripetono in continuazione forio-forio e cercano la trovatura. Il Barone e la Baronessa sui loro asini elargiscono a tutti sorrisi e confetti; li seguono i loro uomini che mangiano pane, salsiccia, formaggio, fichi secchi e finocchi, il tutto innaffiato da abbondante vino. Anche il pubblico partecipa al generoso spuntino. Il Rumitu gira tra la folla lanciando in faccia alla gente pugni di crusca che porta in una grossa bisaccia.
Due volte, nel primo tempo, il Mastro di Campo sale la scala a pioli posta davanti al castello e arriva così al cospetto del Re, col quale si scontra in un duello che non si risolve in alcunché. L’eroe, per mezzo di una scala posta dietro il palco (la scala fausa), riesce poi ad incontrarsi con la Regina: ma sono incontri brevissimi e furtivi. Infine, il duello centrale. Il Mastro di Campo si scontra con il Re e rimane ferito in fronte. Il tamburo suona a rullo, il generale tutto tremante allarga lentamente le braccia che iniziano a vibrare e si lascia andar nel vuoto, preso al volo da una ventina di persone che nel mentre si sono raccolte sotto. Il Mastro di Campo, creduto morto, con una veloce quanto solenne ritirata, viene trasportato via dai suoi uomini.
Termina così la prima parte della rappresentazione. Nell’intervallo i Maghi si fermano sotto il castello, scavano ed ecco finalmente la trovatura: un cantaru di maccheroni e salsiccia che, al grido di forio forio maccarrunario, mangiano con le mani, tentando di offrirne anche alla folla divertita. Il Barone e la Baronessa, ritenuti parenti del Mastro di Campo, mettono il lutto. Nel castello del Re si balla e si fa festa per la vittoria.
Le maschere spontanee approfittano dell’intervallo per sfilare e attirare l’attenzione della gente.Inizia la seconda parte. Il Mastro di Campo non è morto e, guarito dalle ferite, si riporta in piazza con il suo esercito. Ricomincia la lotta. Gli interventi dei vari personaggi sono identici a quelli del primo tempo. Ma ad un certo punto sul castello aumentano i segni di nervosismo. Qualcuno tradisce. Il Re, acceso d’ira, fa fuori l’Artificiere infilzandolo con la spada. Il Mastro di Campo e i Garibaldini salgono furtivamente per la solita scala fausa e, approfittando dell’attimo di confusione, circondano la Corte e incatenano il Re. Il Mastro di Campo, tolta la maschera, finalmente abbraccia la Regina. Si forma quindi un corteo che sfilerà per le vie principali del paese. Il Mastro di Campo porge il braccio alla Regina; il Re sfila in catene. Termina così la grande festa di Mezzojuso.
In un epoca in cui tutti i piccoli centri si attrezzano per creare occasioni di divertimento per i propri cittadini e di attrazione per possibili turisti, Mezzojuso continua a divertirsi e a divertire con una bella storia d’amore che ogni anno si ripete sempre uguale e sempre diversa.
Ultima modifica: 2024-10-29 13:57
Fonte / Autore: Pro Loco di Mezzojuso
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