La sede museale è l'ex filanda Barbera Mellinghoff, costruzione tardo ottocentesca, individuata già nel 1908, dopo il terremoto, come sede del museo e poi riattata e riaperta al pubblico nel 1922. Il Museo Regionale conserva preziose testimonianze della produzione artistica della città attraverso i secoli. Le sue raccolte sono costituite da opere provenienti sia dalle collezioni del distrutto Museo Civico Peloritano, sia dagli edifici religiosi e civili cancellati dal catastrofico sisma del 1908. I materiali, ordinati secondo un criterio cronologico che va dal XII al XVIII secolo, in un percorso di 12 sale più 3 ambienti al piano superiore, comprendono significativi frammenti architettonici, mosaici, pitture, sculture e arti decorative.
L'itinerario prende l'avvio dai materiali del periodo normanno, momento di grande fulgore per la città, il cui porto rappresentava uno scalo di grande rilevanza strategica per le rotte mediterranee. Essi riflettono, come la maggior parte delle opere delle prime sale, una straordinaria successione di tangenze con i più svariati orientamenti artistici nazionali ed internazionali dell'epoca, che denotano un gusto piuttosto esterofilo della committenza e un diffuso fenomeno d'importazione di opere e di artisti di varia provenienza: veneta, adriatica, toscana ed ancora borgognona, provenzale, fiamminga, iberica. Su queste premesse culturali si innestò la formazione del grande Antonello, il quale assorbì tali esperienze, riordinandole e riassumendole in una visione prospettica del tutto rinascimentale. La modesta cultura figurativa dei seguaci antonelliani lascia il posto, nei primi decenni del Cinquecento, al grande rinnovamento rinascimentale rappresentato da G. Alibrandi e dai Gagini, ai quali subentrarono i manieristi Polidoro e Montorsoli, che influenzarono l'arte locale per tutto l'arco del secolo, fino alla pittura controriformata che venne definitivamente spazzata dal grande evento dell'arrivo del Caravaggio, destinato a modificare gran parte della produzione successiva. Contemporaneamente ai seguaci caravaggeschi di più stretta osservanza, quali Rodriguez e Minniti, si assiste alla coeva presenza di una corrente naturalista o classicista rappresentata da Marolì, Quagliata e Scilla per giungere, dopo la cesura della repressione spagnola, agli arcadismi settecenteschi proposti dal Tuccari o agli esiti moderatamente classicheggianti del Tancredi e all'avanzare di quel fastoso rococò che caratterizza la sontuosa berlina del Senato, testimonianza del glorioso passato della Città. Al piano superiore si trovano altri numerosi manufatti in oro e argento, in tessuto, in avorio, in maiolica, che documentano la vivace vena creativa degli orafi, degli argentieri e dell'artigianato locale del sei e settecento.
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Ingresso a pagamento - Infoline: Tel. 090.361292