Una secolare economia agropastorale ha fortemente segnato l’ambiente fisico e socio-culturale del territorio di Buscemi. L’esodo emigratorio degli anni ’60 - ’70, evidenziato da un notevole calo demografico, provocò, a differenza di quanto è avvenuto in altri centri, nel territorio basso collinare e nell’area costiera, coinvolti dallo sviluppo industriale degli anni successivi al secondo dopoguerra, uno stato di “cristallizzazione” dei segni dell’economia e della cultura sedimentata nel territorio. Un fenomeno, comune ad altri piccoli centri limitrofi, di breve durata, minato da un parallelo fermento sociale e culturale, che spingeva verso una frenetica azione di ripudio e di annullamento di tutto quanto era espressione del passato, identificato nel mondo contadino e popolare e in tutte le sue testimonianze, documenti chiari della miseria e degli stenti. Sarebbero bastati pochi anni, e di certo quest’azione inconsapevole avrebbe determinato anche a Buscemi gli stessi effetti registrati in altri paesi, se non si fosse intervenuto, nel 1988 e negli anni a seguire, con un’iniziativa mirata, da parte di un gruppo di uomini di buona volontà del luogo, coordinati da Rosario Acquaviva, a bloccare quanto di sconsiderato stava accadendo.
Le idee guida sono state chiare e ben definite fin dall’inizio: recupero dei documenti del mondo popolare in una prospettiva anche di recupero del rapporto tra l’uomo e l’ambiente, secondo una visione ecologica nel senso proprio, etimologico, del termine, conservando e valorizzando gli stessi nella realtà in cui si sono depositati e stratificati i rapporti di produzione, le strutture, nell’ambiente, quale dimora dell’uomo, con i suoi segni e le forme del tempo. Al prelevamento-isolamento di documenti dal loro contesto normale di uso-giacenza, si è preferito, di conseguenza, puntare, soprattutto per quanto concerne i luoghi di trasformazione dei prodotti agricoli (palmento, frantoio, mulino) e le botteghe artigianali, sul recupero e riproposta delle autentiche unità di lavoro, musealizzzate negli stessi luoghi. I documenti del lavoro della terra e della vita quotidiana familiare, sono stati contestualizzati in depositi e tradizionali unità abitative che descrivono in maniera intelligibile l’articolazione socio-economica del mondo contadino. Questa scelta museografica ha come risultato il dispiegarsi di un itinerario etno-antropologico: I luoghi del Lavoro Contadino, che coinvolge tutto il paese, qualificandosi, allo stesso tempo, d’interesse paesaggistico e monumentale, dando a Buscemi la definizione di “paese-museo”, considerato un esempio particolare in Europa.
Un contributo, questo, sicuramente notevole al fine cui il museo della vita popolare deve puntare: “non tanto e non solo agli oggetti ma ai contesti ed ai livelli di cultura di cui gli oggetti sono elementi”( A.M. Cirese,1978). Più che l’uso di contenitori, molto spesso, riadattati ad imitare, quasi con aderenza fotografica, una vita che non esiste più, si è voluto offrire il contesto culturale di una comunità nel suo vero rapporto tra l’uomo e la natura , attraverso il fluire del tempo.
Il passato e il presente a confronto, con le case di pietra di ieri e quelle di oggi, con la presenza ancora degli attori di questo passaggio, con le testimonianze stratificate e ancora leggibili del rapporto uomo-ambiente-lavoro, caratterizzato, quest’ultimo, da una quotidiana pendolarità, che comportava allora, così come oggi, naturalmente con mezzi differenti, il percorrere giornaliero di decine di chilometri per poi fare ritorno la sera a casa. Il paese roccaforte degli affetti, ma anche luogo di conservazione e trasformazione dei prodotti agricoli, testimoniato dalla presenza di diversi palmenti e frantoi, andati distrutti ad eccezione di quelli salvati con la realizzazione del museo.
Ha colto bene il significato del nostro lavoro Salvatore Testa scrivendo che “…il patrimonio storico dell’antica civiltà contadina degli alti Iblei riconosce in Buscemi un sicuro presidio ai fini della sua conservazione e valorizzazione, secondo i criteri definiti dall’esemplare opera di Antonino Uccello. La costituzione del paese-museo della civiltà contadina, che può già definirsi come uno dei momenti più felici della crescita della consapevolezza culturale del territorio ibleo, nel ribadire i principi che produssero la Casa-museo di Palazzolo Acreide, ha il merito, del tutto originale, di aver condotto tali principi ad un modello applicativo tra i più efficaci, tali da coinvolgere direttamente ed intensamente tanto l’ambiente urbano e rurale del territorio, quanto la comunità di individui che lo abita, realizzando, per ciò che già è, ma, soprattutto nella promettente prospettiva di sviluppi futuri, quel preciso ed indispensabile coinvolgimento della struttura socio-economica locale nella conservazione e nella valorizzazione del patrimonio culturale”.
Orari di apertura:
dal lunedì al sabato ore 8.30-13.30
pomeriggio visite su prenotazione
domenica ore 9.00-13.00
festivi infrasettimanali: ore 9.00-13.00
Infoline: tel. 0931.878528 - 0931.878940
Fonte / Autore: www.museobuscemi.org
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